Scegliamo l'Indipendenza per gestire le nostre Interdipendenze

domenica 20 novembre 2011

Equitalia e i paradossi dell'autonomia politica Sarda

Ci sono due cose che la classe dirigente Sarda ha imparato dalla politica italiana: la prima è come si fa a perdere tempo, a temporeggiare e ad aggirare il problema senza affrontarlo  e la seconda cosa che ha appreso bene è come litigare dividendosi di fronte ai problemi della Nostra terra.

In quest'ultima settimana ne abbiamo avuto l'ennesimo esempio sia a Cagliari che a Roma.

Paradossalmente, come succede sempre, invece di applicare le regole esistenti e mettere in atto norme già scritte, così come si dovrebbe fare, si preferisce girarci attorno, dicendo che sono inadeguate e che per risolvere i problemi c'è bisogno di nuove leggi.

Così è successo con l'ormai famigerato art.9 dello Statuto sardo: l'attuale presidente della RAS Cappellacci, invece di applicarlo mettendolo in atto e poi, solo successivamente, nel caso in cui si dimostrasse inadeguato cambiarlo, ha dichiarato che sarebbe opportuno riscriverlo subito.

L'art. 9 recita:
"La Regione può affidare agli organi dello Stato l'accertamento e la riscossione dei propri tributi."

La regione quindi "può affidare" accertamento e riscossione dei tributi allo stato centrale italiano, ma non è obbligata a farlo: tale articolo quindi basta e avanza senza modifiche.

Quello che dovrebbe fare la giunta regionale è mettere in pratica l'articolo 9, ovvero, affidare ad un ente proprio l'accertamento e la riscossione dei tributi pagati dai Sardi. In questo modo, non solo si eviterebbe la mannaia di Equitalia sulle imprese e sui cittadini Sardi, ma si risolverebbe anche l'annosa questione delle entrate versate a Roma e mai rientrate come previsto dall'art.8 dello Statuto stesso.

Il debito dell'Italia nei confronti dei Sardi ha raggiunto ormai cifre a dieci zeri, risorse che ci permetterebbero di rimettere in moto la nostra economia. Economia ferma a causa di mille motivi, non certo a causa della crisi mondiale che ha solo posto l'accento su questi, bisognosa com'è di un piano di investimenti pluriennale in infrastrutture sociali ed economiche, per intenderci: welfare, ricerca, istruzione, formazione, strade, ferrovie etc etc.

Altrettanto paradossale è la scenetta messa in atto dai deputati Sardi.
Il governo tecnico guidato da Monti ha dato ai parlamentari Sardi un'occasione unica, ovvero quella di unirsi e chiedere il rispetto degli accordi, degli articoli 8 e 9 del nostro statuto in particolare e votare la fiducia a seconda della risposta. Invece no, hanno preferito dare l'ennesima dimostrazione della loro inadeguatezza a difendere gli interessi della Sardegna e dei Sardi tutti.

In Sardegna c'è bisogno di un governo serio e indipendente, un governo in cui si devono mettere da parte le ambizioni e gli ordini da Roma: c'è bisogno di una classe dirigente nuova, preparata, capace, giovane che persegua l'interesse della Sardegna senza se e senza ma.

lunedì 3 ottobre 2011

Costi e Tagli della Politica!

Un po’ di chiarezza in un mare di chiacchiere.
Dopo l'ultima manovra Tremonti si è fatta la corsa a chi riusciva a fare più leggi populiste, senza tenere in considerazione i tre criteri fondamentali di quando si fa una riforma: efficacia, efficienza e orientamento sociale.
In questi giorni tutti parlano tanto dell'affossamento della legge sul taglio del numero dei consiglieri regionali, da parte del parlamento Sardo, ma pochi parlano di quanto questi guadagnino e di quanto poco produttivi siano.
Non è il numero dei consiglieri che bisogna tagliare, ma il loro stipendio e i loro privilegi.
La Sardegna, non lo scopriamo certo oggi, ha il 70% dei suoi occupati impegnati nel settore terziario, in particolare nella macchina amministrativa.
Ci dà una mano il rapporto Crenos 2011, che in un apposito paragrafo analizza tali costi.
La spesa media pro - capite sostenuta dalla pubblica amministrazione e dai governi regionali e locali dell'Italia è pari a circa 395€ in Sardegna arriva ai 545€, ben 150€ in più a Sardo.
La media di spesa di un governo regionale italiano è pari a 90€ per abitante, il governo Sardo spende 204€ pro capite. Solo la politica a livello Sardo ci costa 287€ pro - capite, per un totale di 480 milioni l'anno, circa il 5% del bilancio della RAS, più di quanto s'investe in Università e Ricerca.
Tali dati non fanno altro che farci notare ancor meglio quello che è già opinione diffusa, la politica in Sardegna spende tanto e spende male.

Altro settore da riformare è sicuramente la macchina amministrativa, fatta di eccessivi livelli di burocrazia tanto costosi quanto poco efficienti, c'è bisogno di una forte riforma delle competenze degli uffici amministrativi, di una maggiore collaborazione tra enti centrali ed enti intermedi e dell'informatizzazione dei servizi, magari usando programmi open source.
Ulteriore riforma da portare avanti è quella degli enti locali, con l'abolizione totale delle province riorganizzando gli  enti intermedi attraverso le unioni dei comuni, strutturandole secondo le regioni storiche della nostra Isola (Logudoro, Nurra, Supramonte etc etc).
Tale sistema porterebbe non solo una drastica riduzione delle spese della politica, ma permettere di investire i soldi risparmiati direttamente sul territorio attraverso politiche mirate e omogenee.

venerdì 30 settembre 2011

Passo dopo Passo, fiocco dopo fiocco!

Nonostante l'autosospensione e le puntate di piedi in questi ultimi mesi abbiamo assistito in modo continuo alla subalternità dell'attuale giunta regionale agli interessi del governo italiano. Paradossale la situazione dei trasporti, chi aveva in mente di trascorrere in Sardegna le proprie ferie, ha cambiato subito idea quando ha visto i prezzi praticati dagli armatori italiani; tale situazione ha rovinato la Nostra alta stagione. Altrettanto paradossali le decisioni assunte attraverso l'ultima manovra economica, in cui invece di tagliare i privilegi della casta, si taglia la democrazia e si continua a strozzare le imprese e le famiglie.
Può ora una nazione, un popolo come il nostro essere in balia di 3 armatori, un ministro allo sbaraglio e di una classe dirigente inefficiente e inefficace? oppure i suoi diritti e le sue possibilità dovrebbero essere garantiti a prescindere dal colore politico di chi la governa?
E' giunta l'ora per i Sardi e la Sardegna di un nuovo orizzonte, di nuove strategie politiche basate sulla sovranità dei Sardi.  Una sovranità senza strane declinazioni ma nel vero senso del termine, ovvero Potere pieno e indipendente, come qualità giuridica e potestà politica. Sovranità continua e progressiva, conquistata e affermata passo dopo passo.
La sovranità dovrebbe essere espressa su tutti i campi, ma in politica come tutti sappiamo, ci sono priorità, obiettivi di breve e medio termine, appare quindi necessario tracciare un insieme di punti su cui concentrarci: Istruzione e formazione, Istituzioni, Ambiente, trasporti, Imprese, Sanità e sistema fiscale.
Ed è sulla sovranità su queste materie che i Sardi dovrebbero cercare l'unità.
Partendo dalla sovranità fiscale, madre di tutte le battaglie, costruendo un sistema fiscale positivo in cui il pagare le tasse non appaia come una tagliola che arriva ogni fine mese(quello che accade oggi), ma appaia come un contributo al fine di migliorare la società, garantire e salvaguardare i diritti di tutta la comunità.
Questa è la mia speranza e il mio auspicio, per questo mi metto un fiocco verde.

mercoledì 14 settembre 2011

L'indipendentismo, i Partiti, Il Futuro!

In questi ultimi mesi si discute, si prova a immaginare un qualcosa di diverso per la nostra terra: sovranità, autogoverno, nuova autonomia, indipendenza concordata etc etc.
La stessa evoluzione appare nell'ambito delle organizzazioni che tali processi di trasformazione sociale sono chiamati a immaginarli e progettarli: i Partiti.
Un certo modello di indipendentismo nell'ultimo decennio ha dato dimostrazione di saper dare soluzioni possibili per il futuro di questa terra, ha dato dimostrazione di saper studiare, immaginare e progettare un nuovo futuro per la Nostra comunità.
Inutile dirlo, di indipendentisti a parole ce ne sono un milione, ma al momento della scelta, al momento in cui si decide a chi affidare il proprio futuro, ogni scusa è buona per non dare fiducia a chi "della salvaguardia e del futuro della propria terra" ne ha fatto a volte, la ragione della sua vita.
Oggi sembra che questa tendenza stia cambiando, forse a causa della crisi economica o dell'incapacità dell'attuale giunta regionale, i sardi non hanno più timore di fronte alla parola Indipendenza, non esiste ancora una forte coscienza nazionale, ma col tempo arriverà anche quella.
Questa tendenza dei Sardi, ha fatto sì che si liberassero nuove energie sul campo politico, nuove idee, nuovi sistemi per affrontare i problemi e costruire soluzioni.
Si studiano nuovi modelli organizzativi, nuove strutture, partiti federati, partiti leggeri etc etc.
Per capirci bene, per partito s'intende un'associazione tra persone accomunate da una medesima finalità politica ovvero da una comune visione su questioni fondamentali della gestione dello Stato e della società o anche solo su temi specifici e particolari. L'attività del partito politico si esplica nello spazio della vita pubblica e, nelle attuali democrazie rappresentative, ha per "ambito prevalente" quello elettorale.
Così come le altre realtà politiche in Sardegna, anche l'indipendentismo ha bisogno di rinnovarsi, di evolversi. Perché come gli ultimi 5 anni ci insegnano, per essere ascoltato e prendere fiducia l'indipendentismo deve sempre essere un passo avanti agli altri; questo è stato anche uno dei soliti problemi che l'indipendentismo ha dovuto affrontare, la conquista di credibilità e la paura di perdere quella acquisita.

Come e cosa fare???
Regole, confronto, fiducia, partecipazione.
Un organizzazione politica che punti a governare, che guardi al futuro più che al passato, deve dotarsi di poche ma precise regole, che siano forma e sostanza sempre, non alla bisogna.
Regole condivise e interiorizzate da tutti.
Altra nodo importante è il confronto, confronto inteso come dialettica politica, interna ed esterna, ovvero capacità di accettare opinioni differenti all'interno del partito e all'esterno, un confronto che se necessario porti a una conta con maggioranze serie e rispettose e minoranze propositive.
Un confronto politico più o meno aspro in cui si condividono i principi politici di fondo non potrà che creare giovamento a tutta l'organizzazione, e se esteriorizzate aiuteranno  a catalizzare verso  l'organizzazione  nuove forze e nuove energie.
Il difetto di tanti partiti politici, e alcune scelte di governo lo dimostrano, è il non aver fiducia nei propri militanti, nei propri elettori, nei propri concittadini, che non sono altro che coloro i quali sanciscono il successo o meno dell'organizzazione.
La fiducia nel prossimo è sempre stata poco diffusa in noi sardi, potremmo raccontare mille storie sul tema, ma è su di lui che dobbiamo costruire il nostro avvenire, un nuovo futuro per la Nostra Terra.
Fiducia che deve essere reciproca, almeno fino a quando non si rompe il patto sulla stessa, tra elettore, militante e leader.
Altro pilastro fondamentale è la partecipazione, partecipazione in modo individuale o collettivo, più o meno organizzato, partecipazione propositiva e positiva con le intenzioni di influenzare quelle che saranno le scelte future dell'organizzazione.
Il conflitto (o conflict che direbbero gli inglesi) è il sale delle organizzazioni, perché è attraverso la risoluzione degli stessi che si giunge alle soluzioni migliori.
La partecipazione al confronto, al conflict, deve essere ricercata in tutti i modi.
I vari soggetti in modo più o meno organizzato tenteranno attraverso le loro capacità di influenzare l'esito finale del processo decisionale, esito finale che comunque avrà subito l'influenza di tutti i soggetti partecipanti, che faranno proprio qualsiasi esito ,perché essi hanno contribuito al processo.
Prendendo spunto dalle parole di Weber, "I partiti sono mediatori tra lo Stato e i cittadini. I partiti svolgono infatti la funzione di controllo dei governati sui governanti: poiché infatti i candidati si presentano all’interno di liste di partito, è più facilmente punibile un’eventuale rottura del patto di fiducia tra il candidato eletto e gli elettori che lo hanno votato", si può dire che il futuro dell'indipendentismo non può essere altro che un partito plurale al suo interno capace di accettare e condividere le scelte strategiche con la base elettorale a cui si rivolge e che intende conquistare.

lunedì 5 settembre 2011

Quale futuro per l'Università Nuorese...

Venerdì sera  alla biblioteca Satta di Nuoro si è tenuta una bellissima assemblea sull'attualità e sul futuro dell'università Nuorese, oltre la preoccupazione, la delusione, l'angoscia e la rabbia per l'attuale situazione del consorzio, è emersa una forte voglia di partecipazione da parte della comunità e dei giovani in particolare.
Siamo in un epoca di risorse scarse e ogni spesa va valutata in modo molto attento e accurato, e lo stesso mi sento di fare sull'apertura del nuovo corso di laurea legato alla facoltà di giurisprudenza di Sassari qui a Nuoro.
 Facendo due confronti veloci: il budget annuale della facoltà di economia a Cagliari non supera i 200.000 euro e ha oltre 3.000 iscritti; Il nuovo corso qua a Nuoro ci costa circa 700mila euro all'anno in un settore di studi in netto calo d'interesse (Sia a Cagliari, sia a Sassari diminuiscono le iscrizioni in giurisprudenza); emerge, almeno in apparenza , che tale scelta risulta poco opportuna e ancor meno vantaggiosa.
Stupisce e non poco, l'assordante silenzio silenzio degli organi competenti sul dimezzamento dei posti disponibili in scienze infermieristiche (passati da 60 a 30), l'unico corso di laurea attualmente impartito a Nuoro altamente attrattivo e di sicuro sbocco occupazionale.
A chi parla di inutilità dell'università a Nuoro dicendo che ce ne sono già troppe, vorrei ricordare:
- che negli Usa c'è una sede universitaria ogni 70.000 abitanti, in Italia una ogni 300.000 e in Sardegna 2 per un milione e mezzo...
- che il trattato di Lisbona 2010, pone 3 obiettivi chiari, l'investimento di almeno il 3% del Pil in ricerca e sviluppo (oggi in Sardegna non si arriva allo 0,8% tra investimenti pubblici e privati), il tasso di abbandono scolastico dovrà risultare inferiore al 10%(attualmente siamo sul 23%) e almeno il 40% dei giovani europei dovrà possedere una laurea o un diploma(attualmente saremo max al 20%).
Ad oggi lo Stato Italiano invece di investire sull'università in Sardegna ha deciso di disinvestire fortemente,  per dimostrare ciò basta guardare i bilanci dei due atenei Sardi in cui l'apporto della RAS è passato dall'8% del 2009 a quasi il 30% del 2011 più l'università diffusa che è tutta a carico della RAS, ed in cui il FFO (fonte di finanziamento ministeriale) non basta nemmeno a pagare gli stipendi.
Ma per un ulteriore conferma di tale disinvestimento basta guardare i dati dell'Istituto Tagliacarne sull'infrastrutturazione in cui fatta 100 la media Italiana il dato sardo era pari al 57% nel 2001 e così è rimasto nel 2009.
Come detto da altri, parlare di Università della Sardegna non è utopia ma deve essere obiettivo comune, della politica e delle Università, la prima legiferando attraverso l'art. 5 dello Statuto della Ras, le seconde attraverso la riscrittura dei propri statuti.
Immaginare, progettare e costruire un nuovo sistema Universitario, un Sistema Universitario della Sardegna,  deve essere il nostro compito, un sistema fluido, poco burocratico che tagli i costi di amministrazione, con un unico rettore e prorettori per le varie sedi, con un offerta formativa unica e variegata, di qualità, in grado di soddisfare le preferenze culturali e allo stesso tempo le esigenze del mercato del lavoro, un sistema universitario Sardo, indipendente, internazionale e multiculturale.
Cominciamo a progettare assieme il nostro futuro, adesso!

giovedì 14 luglio 2011

Indipendenza e Sovranità

Negli ultimi giorni  dalla lettura dei giornali sardi (vecchi e nuovi) sembra  ci si trovi in una nazione prossima a diventare stato, con esponenti del pd e del pdl che si riempiono la bocca di sovranità e indipendenza, come se negli ultimi 50 anni ci fossero stati gli indipendentisti al governo.
Poi si gira pagina e si legge che i radar militari è giusto metterli perché servono a controllare le ondate migratorie verso l'Italia, nella pagina successiva troviamo l'altro che si rende disponibile a far diventare la Sardegna una pattumiera e in quella precedente leggiamo di aumenti volumetrici e impianti eolici per gli amici "continentali".
A parole si fa in fretta a parlare di sovranità e indipendenza, ma nei fatti si continua con la solita tiritera.

La situazione economico sociale della Sardegna mostra evidenti segni di cedimento, la politica autonomistica con il piano di rinascita ha fallito, ben sapendo di farlo sin dai suoi albori.
C'è bisogno di forti riforme strutturali economiche, sociali  e istituzionali.
- C'è bisogno di un serio taglio della spesa pubblica attraverso la riduzione delle spese della pubblica amministrazione (circa 300 € per cittadino), magari tagliando qualche ente intermedio come le province e le spese della politica in senso lato.
- C'è bisogno di una riforma che riduca enormemente la burocrazia ed aumenti il tasso di fiducia nei confronti dei cittadini.
- C'è bisogno di un piano energetico per la Sardegna che permetta di tagliare i costi di produzione, investire in ricerca, tutelare l'ambiente e abbassare il prezzo finale dell'energia.
- C'è bisogno di una piano Sanitario Nazionale che individui pregi e difetti di quello attuale, investa in innovazione (anche quest'anno si sono spesi oltre 40 milioni per curare Sardi all'estero)e tagli le spese superflue (ridurre gli acquisti clientelari e i ricoveri, aumentando le possibilità di cura a casa).
C'è bisogno di mettere mano a tutte le nostre infrastrutture, siano esse economiche o sociali.
Soprattutto c'è bisogno di una riforma sulle entrate fiscali, dalle imposte alle accise, di cui da troppo tempo si parla.
Per fare tutto ciò c'è bisogno di un governo serio e indipendente, un governo in cui si devono mettere da parte le ambizioni e gli ordini da Roma e capire che l'unico interesse da perseguire è l'interesse della Sardegna senza se e senza ma.

mercoledì 13 luglio 2011

L'ennesima occasione … Persa!!!


Da marzo in poi i due Atenei Sardi, in seguito alla riforma Gelmini, hanno iniziato l'elaborazione e la riscrittura dei propri statuti. Per farlo hanno utilizzato metodi diversi, a Cagliari un sistema più chiuso, a Sassari un sistema più moderno avvalendosi anche degli strumenti offerti dal web.
Quello che non cambia, se non per alcune sfumature sulla governance, sono i principi di fondo e il risultato finale.
Nonostante i mesi precedenti i due Rettori abbiano, diverse volte, espresso l'esigenza di mettere in evidenza le differenze culturali, socio - economiche e territoriali della Sardegna nei confronti dell'Italia, uno inviando diverse lettere al Ministero, l'altro candidandosi anche alla carica di presidente della C.R.U.I., poco hanno fatto per mettere nero su bianco questi proclami.
Da più parti è emersa l'esigenza di costituire un sistema Universitario della Sardegna, integrando i due Atenei e il consorzio per la promozione degli studi universitari nel Centro Sardegna, ma andando a leggere gli statuti nessun passo verso questa direzione è stato fatto.
Almeno da questo punto di vista, l'obbligo della riscrittura degli statuti, l'occasione offerta dalla pessima riforma Gelmini, era ed è (la riscrittura terminerà in autunno) sicuramente ghiotta.
Ovvero l'occasione di costituire un sistema universitario della Sardegna, che attraverso l'integrazione dell'offerta formativa messa sul piatto dai diversi Atenei, riuscisse ad offrire corsi di laurea su tutti i campi della conoscenza, senza obbligare i giovani Sardi a dover emigrare per formarsi in determinati campi di studio, e ad aumentare la capacità di sfruttare al meglio le capacità e le conoscenze dei nostri giovani ricercatori e docenti.
 Emigrazione giovanile che non solo porterebbe a ridurre le possibilità di studio e professionalizzazione da parte di chi tanti soldi non ha (il reddito procapite continua a scendere), ma anche alla perdita di risorse importanti per il territorio (pensiamo a quanto spende in un anno uno studente fuori sede).
Per ora tutti e due gli atenei hanno pensato a difendere e continuare a coltivare il proprio orticello, senza pensare a progettare e mettere in atto qualcosa di più importante.
 In poche parole senza pensare all'interesse generale della comunità Sarda, migliorando la quantità e la qualità dell'offerta formativa e rendendo l'Università, quello che nel resto d'Europa e del mondo è, ovvero il volano della trasformazione in meglio del tessuto socio - economico e culturale della società tutta.
Altrettanto certa è l'incapacità di programmare e costruire qualcosa che vada oltre l'oggi, da parte dell'attuale classe politica Sarda, sia essa di centro destra, sia essa di centro sinistra, che poco ha fatto e tantomeno ha detto in questi ultimi 2 anni per difendere la nostra università dagli attacchi dell'ennesima riforma, concepita in Italia senza tenere conto delle esigenze della Nostra terra.
Nonostante ci siano gli strumenti (art.5 dello statuto RAS) e le risorse (pensiamo alla vertenza accise, o alla famosa vertenza entrate, art.9), si è persa l'ennesima occasione per trasformare la nostra società, in una società migliore, più giusta, al passo con il resto d'Europa e del mondo.

Cominciamo a progettare assieme il nostro futuro, adesso!

sabato 4 giugno 2011

Paganini non Ripete!

Il 12 Giugno ci sono i referendum, se non sbaglio 4 schede. acqua, berlusconi, e Nucleare.
Forse il 12 giugno voterò di nuovo sul nucleare, e se lo farò, lo farò per dare una mano al vicino popolo Italiano, come lo farei con i corsi, magrebbini etc etc, ma sopratutto perchè son convinto che il nuclerare ovunque esso sia crea solo danni.
Ma il ragionamento che voglio fare verte sulla sovranità dei Sardi, non tanto sul nucleare.
Ragionando per Assurdo:
Se il 15 maggio si fosse raggiunto il quorum, ma avesse vinto il no.nonucle, ovvero i sardi si fossero espressi a favore dell'installazione di centrali in Sardegna, cos'avremmo fatto???
ci saremmo rivolti all'italia per sovrastare la volontà del popolo sardo???


Oggi il referendum è sul nucleare, domani si potrebbe trattare di basi militari, di impianti eolici off shore e tanto altro;
E sul nostro territorio, son sicuro, i Sardi diranno no...e gli italiani?
E come se in Scozia dopo aver fatto il refendum sull'indipendenza, e averlo vinto, si mettano a chiedere il parere del popolo inglese.
Quello che è importante capire è che:
Riconoscere il referendum italiano, come l'unico che conta, vuol dire deligittimare una delle poche volte in cui i Sardi si sono uniti per manifestare la nostra sovranità sul nostro territorio.
In sardegna nè centrali, nè scorie, e non perchè lo dirà un referendum italiano, ma perchè lo hanno deciso i Sardi.

sabato 2 aprile 2011

Soluzioni per L'università - Soluzioni per la Città!

Quando parliamo di università e di università sarda in particolare in un ottica glocal, non possiamo che partire dalla sua mission e dagli obiettivi che l'Unione Europea si è posta attraverso il trattato di Lisbona il 3 marzo 2010.
Da una parte la  mission dell'università di cagliari dice testualmente "Sede primaria dell’elaborazione e della diffusione del sapere, concorre allo sviluppo culturale, sociale ed economico attraverso la ricerca, la formazione e il trasferimento delle conoscenze scientifiche" e pone tra i suoi valori "La Difesa e sviluppo del diritto allo studio".
Dall'altra il trattato di Lisbona attraverso "Europa 2020" si pone 5 obiettivi strategici tra cui 3 fortemente legati all'Università: il 3% del Pil dovrà essere speso in ricerca e sviluppo, il tasso di abbandono scolastico dovrà essere inferiore al 10%  e almeno il 40% dei giovani europei dovrà avere una laurea o un diploma.
Il sistema sardo, strano a dirsi, è distante qualche anno luce da questi obiettivi se pensiamo che attualmente investe lo 0,5% del Pil in ricerca e il tasso di abbandono scolastico nel 2009 era pari al 23%, dall'altro continua a ridurre i suoi docenti, demotivare i giovani ricercatori e potenziare le lobby baronali.
Per noi l'università è sinonimo di conoscenza, sapere, cultura, ricerca, libertà, uguaglianza, aggregazione, integrazione, crescita e sviluppo.
Vogliamo Un' Università libera, laica, autonoma,  meritevole e accessibile a tutti, un'Università dove tutta la conoscenza viene valorizzata, diffusa senza nessuna distinzione, un'Università specchio e volano di una società libera, inclusiva, moderna, prospera,  giusta e solidale.
Vogliamo e lavoriamo tutti i giorni per Un'Università e una società che considerino lo studente come una risorsa umana, sociale ed economica  su cui puntare e investire, e non un semplice numero di matricola o un pollo da spennare.
Lo studente deve rappresentare la speranza di un futuro migliore, il simbolo dell'uguaglianza, dell'indipendenza, dell'inclusività, è il simbolo di una società giusta.
È tempo di trasformare le università in Sardegna in università della Sardegna. È tempo di sostenerle e rafforzarle; è tempo di tutelarne, valorizzarne e ampliarne strutture e competenze, a beneficio di chi vi lavora e studia ma soprattutto a beneficio della crescita complessiva della nostra società e della nostra terra.
Questa grande trasformazione sarda dell’università è giusta, è necessaria, è possibile.
È possibile, politicamente e legislativamente, fin da subito, in quanto lo statuto della RAS all’art. 5 prevede che “la Regione ha facoltà di adattare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione ed attuazione, sulle seguenti materie: a) istruzione di ogni ordine e grado, ordinamento degli studi”.
Questa trasformazione è necessaria in alternativa ad una riforma italiana fatta di tagli, di distruzione del sistema pubblico dell’istruzione, di svilimento del ruolo sociale della conoscenza.
Questa trasformazione è giusta perché noi di ProgReS Progetu Repùblica crediamo nel valore della conoscenza, della creatività, dell’apertura mentale, del lavoro ben fatto, del merito guadagnato con dedizione e applicazione. E l’università, una buona università, è un luogo perfetto per educarsi e formarsi a questi valori.
Una grande trasformazione è necessaria, anzi è vitale. O si investirà nell’istruzione e nella conoscenza o la Sardegna è destinata ad un collasso fatto di disoccupazione, emigrazione, asservimento.
Questa trasformazione è giusta perché noi crediamo in una società più giusta e questa potrà nascere solo quando il sapere sarà il più possibile distribuito e condiviso. L’ignoranza rende schiavi, il sapere rende liberi.
Questa trasformazione, che doveva partire già ieri, è il progetto che noi di ProgReS poniamo per l’oggi. Questa trasformazione è giusta perché la nostra terra, la nostra nazione, merita di più. Più intelligenza, più libertà, più prosperità.

E' tempo di un Buoncammino per l'università di Cagliari. A Cagliari ci sono tanti immobili in via di dismissione, ci sono 33000 studenti e ben 18000 di questi sono studenti fuori sede. Sono passati ormai vent'anni dall'ultima casa dello studente che è stata costruita, e ogni giorno si leggono sui giornali notizie relative alle condizioni di criticità che attraversano quelle esistenti. Ormai da più di dieci anni sentiamo parlare di campus, campus diffuso, studentato e quant'altro. E oltre ad aver speso una cifre folli come i 38 milioni per l'area dell'ex semoleria senza aver ancor messo un mattone, e altri venti milioni per un college a gestione privata in cui si paga una retta da 600 euro al mese, utilizzato già da 4 studenti si è visto ben poco.
Il mese scorso l'assessore comunale ha dichiarato in consiglio che a giugno sarà pronto il nuovo penitenziario a Uta e che il carcere di Buoncammino sarà liberato entro il mese di luglio. Lo stesso passerà di proprietà della regione che non ne ha ancora deciso cosa farne.
Proviamo solo a immaginare che la struttura del vecchio carcere venga destinata alla realizzazione di una casa dello studente ma non solo. Nella struttura c è abbastanza spazio non solo per realizzare le camere da letto(già esistenti ma da riqualificare), ma anche centri di aggregazione, biblioteche, sale lettura, sale conferenze etc.
Buoncammino non è solo una futura struttura per gli studenti, ma anche il crocevia per un vero e proprio campus cittadino, nel significato classico del termine. Esso infatti si trova al centro della zona universitaria, si trova a pochi passi da piazza d'armi (ingegneria e magistero), da viale fra Ignazio (polo economico giuridico), e poco distante dal palazzo dal rettorato, dalla facoltà di architettura, dalla clinica Aresu, e dal palazzo delle scienze. Con questa trasformazione la città di Cagliari vedrebbe la nascita di un vero e proprio campus universitario, dove i servizi Ersu s'incontrano alla perfezione con i luoghi di studio, con il centro storico e con le zone "verdi"  dei giardini pubblici e altri centri di cultura come la galleria d'arte che si trovano in viale San Vincenzo.
Collegato benissimo con la zona castello e il centro della città attraverso porta Cristina, il sistema generale ne trarrebbe enormi benefici anche dal punto di vista della mobilità cittadina, infatti gli studenti, ma non solo loro, potrebbero spostarsi tranquillamente a piedi in tutte le "postazioni" universitarie, partendo dal CUS fino ad arrivare alla Sede dell'Ersu in via Sassari.
Senza contare il messaggio che si manderebbe a una società in costante perdita di valori attraverso la trasformazione di una struttura che passa da un' ospitalità obbligatoria a un ospitalità di tipo solidale.
E' tempo che lo studente diventi cittadino di Cagliari. Attualmente lo studente universitario è considerato un costo, un peso per la società e non una risorsa su cui investire.
Lo studente è una risorsa umana, sociale ed economica per tutta la comunità. In quanto tale, egli ha diritti e doveri e deve essere posto nelle migliori condizioni per esprimere tutto il suo potenziale. E' ora di dotare gli studenti di una  carta di cittadinanza studentesca, una carta per tutti gli studenti, una carta per accedere a tutti i servizi , a quelli strettamente connessi al mondo universitario, ma anche a quelli offerti dalle imprese pubbliche e  da quelle private.
In questo modo siamo sicuri non solo di migliorare la vivibilità degli studenti, ma anche e soprattutto il tessuto socio-economico della città e della Nazione tutta.

E' tempo di cambiare, è tempo di progettare un'università sarda, indipendente, multiculturale e internazionale!
Francesco Deledda
ProgReS - Progetu Repùblica

mercoledì 30 marzo 2011

Lo Stato dell'Università di Cagliari

Venerdì 1 aprile  alle 18 nella sede di ProgReS casteddu sarò uno dei relatori alla conferenza sull'università dal titolo "Lo Stato dell'Università di Cagliari".
Argomento sempre attuale e sempre di massima importanza.




venerdì 4 marzo 2011

L'Energia della Sardegna!

Ormai da mesi si è aperto un forte dibattito in Sardegna e non solo in merito alla questione nucleare. Dibattito quanto mai acceso in questi giorni dopo che è stata annunciata la data del referendum,15 maggio, che chiede ai cittadini Sardi di esprimersi sulla possibilità di costruire o meno centrali nucleari in Sardegna.
In questo intervento tralascio la parte sull'impatto ambientale attivo e passivo che l'installazione di una centrale creerebbe ma mi concentro sull'aspetto socio - economico.

Inizio col creare una mia personale classificazione delle fonti di energia. Abitualmente esse si dividono in fossili e rinnovabili, io, ragionando come uno stato, le classifico in fonti primarie e fonti alternative, intendendo con le prime tutte quelle fonti di cui un territorio possiede le materie prime, e con le seconde tutte le altre.

La  produzione di energia è uno dei fattori principali per valutare la forza economica e politica nel contesto globale di uno stato, meno dipendenti dal punto di vista energetico si è più forza si ha.
Per far questo occorre che iniziamo a definire da soli la nostra strategia politica in materia energetica, perché mai nessuno la farà per noi, mai nessuno la farà nel nostro interesse. Ne è la prova eclatante il progetto GALSI, il metanodotto che porta il metano dal nord Africa all'Italia, che attraversa la Nostra Isola in lungo e in largo senza fermarsi ad approvvigionare anche le nostre Comunità, costituendo di fatto una semplice servitù di passaggio. Come ulteriore esempio possiamo citare l'analisi fatta dall'istituto Tagliacarne riguardo l'indice di dotazione infrastrutturale reti energetiche ed ambientali, fatto pari a 100 il dato medio Italiano, il dato sardo era pari a 30 nel 2001 e a 35 nel 2007.

Considerato che il futuro non sembra promettere nulla di positivo nel contesto internazionale in questione, c'è bisogno di compiere ulteriori passi di sovranità, puntando nello sviluppo e nella produzione di energia attraverso le nostre fonti di energia primarie (sole, mare e vento, non mi risulta che siamo produttori di metano uranio o petrolio), sull'aggiornamento alle Nostre esigenze delle reti energetico ambientali. Tutto questo utilizzando e sfruttando al meglio le nostre risorse umane (fisici,ingegneri etc) e materiali:

- attraverso la creazione di un centro di ricerca che sviluppi una tecnologia all'avanguardia per sfruttare al meglio le nostre fonti primarie, quindi fotovoltaico, termodinamico, eolico, biomasse etc

- attraverso la realizzazione di reti energetico ambientali all'avanguardia, funzionali alle nostre esigenze,

- attraverso una politica di incentivazione all'autoproduzione energetica delle amministrazioni, delle imprese e delle famiglie,

-  attraverso una politica di diffusione della cultura dell'efficienza energetica (riduzione degli sprechi e miglior utilizzo)

Abbiamo le Idee, gli Strumenti e le Risorse,
 iniziamo a progettare assieme il nostro futuro, Adesso!

martedì 15 febbraio 2011

La Sovranità dei Sardi, la Sovranità degli Studenti!

Approvata la riforma Gelmini gli atenei Italiani hanno 6 mesi di tempo per adattare i propri statuti alla riforma, riforma che, ricordiamo, aumenta il potere dei baroni, taglia i fondi alla ricerca e al diritto allo studio, e per ultimo ma non per importanza riduce notevolmente la rappresentanza studentesca negli organi decisionali.
L'ateneo di Cagliari attraverso due riunioni congiunte del Senato Accademico e del CDA ha già tracciato la linea politica da seguire per adeguare il suo statuto alla riforma, lasciando alla commissione che dovrà redigere il nuovo statuto un compito meramente  istruttorio.
Venerdì pomeriggio alla seduta del CDS (consiglio degli studenti), massimo organo di rappresentanza studentesca, con altri 3 consiglieri ho sottoscritto la seguente mozione che il consiglio ha respinto con 10 voti contrari 4 astenuti e 8 favorevoli:

Preso atto:

- delle discussioni avvenute nelle due riunioni congiunte del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione dell'ateneo di Cagliari, dalle quali è scaturita la volontà di adeguare immediatamente lo statuto del Nostro Ateneo alla legge Gelmini approvata dal Parlamento Italiano nel dicembre 2010;
- del compito meramente istruttorio affidato alla commissione che dovrà redigere il nuovo statuto di ateneo;
- che la linea politica che la commissione dovrà seguire per portare a termine il suo lavoro verrà dettata dal CDA e dal Senato Accademico;
- che, ipotizzando che esista uno spazio di manovra politico all'interno della commissione, il peso dato agli studenti è praticamente irrisorio.

Proponiamo che:

1) Il consiglio degli studenti si dissoci dalla linea politica intrapresa dagli organi di governo di Ateneo;
2) Il consiglio degli studenti non nomini nessuno dei suoi componenti nella commissione Statuto;
3) Il consiglio degli studenti chieda la formazione di una tavolo di lavoro congiunto RaS e Università, per intraprendere una vera riforma e risolvere la crisi dell'Università in Sardegna attraverso lo sfruttamento dell'art. 5 dello statuto della RaS (la Regione ha facoltà di adattare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione ed attuazione su istruzione di ogni ordine e grado, ordinamento degli studi”), così come già fatto da altre regioni dotate di autonomia.

Abbiamo i Mezzi, abbiamo gli Strumenti, e se vogliamo abbiamo anche le Risorse…ma:

Ancora una volta si è voluto rinunciare alla Nostra Sovranità!