Scegliamo l'Indipendenza per gestire le nostre Interdipendenze

giovedì 14 luglio 2011

Indipendenza e Sovranità

Negli ultimi giorni  dalla lettura dei giornali sardi (vecchi e nuovi) sembra  ci si trovi in una nazione prossima a diventare stato, con esponenti del pd e del pdl che si riempiono la bocca di sovranità e indipendenza, come se negli ultimi 50 anni ci fossero stati gli indipendentisti al governo.
Poi si gira pagina e si legge che i radar militari è giusto metterli perché servono a controllare le ondate migratorie verso l'Italia, nella pagina successiva troviamo l'altro che si rende disponibile a far diventare la Sardegna una pattumiera e in quella precedente leggiamo di aumenti volumetrici e impianti eolici per gli amici "continentali".
A parole si fa in fretta a parlare di sovranità e indipendenza, ma nei fatti si continua con la solita tiritera.

La situazione economico sociale della Sardegna mostra evidenti segni di cedimento, la politica autonomistica con il piano di rinascita ha fallito, ben sapendo di farlo sin dai suoi albori.
C'è bisogno di forti riforme strutturali economiche, sociali  e istituzionali.
- C'è bisogno di un serio taglio della spesa pubblica attraverso la riduzione delle spese della pubblica amministrazione (circa 300 € per cittadino), magari tagliando qualche ente intermedio come le province e le spese della politica in senso lato.
- C'è bisogno di una riforma che riduca enormemente la burocrazia ed aumenti il tasso di fiducia nei confronti dei cittadini.
- C'è bisogno di un piano energetico per la Sardegna che permetta di tagliare i costi di produzione, investire in ricerca, tutelare l'ambiente e abbassare il prezzo finale dell'energia.
- C'è bisogno di una piano Sanitario Nazionale che individui pregi e difetti di quello attuale, investa in innovazione (anche quest'anno si sono spesi oltre 40 milioni per curare Sardi all'estero)e tagli le spese superflue (ridurre gli acquisti clientelari e i ricoveri, aumentando le possibilità di cura a casa).
C'è bisogno di mettere mano a tutte le nostre infrastrutture, siano esse economiche o sociali.
Soprattutto c'è bisogno di una riforma sulle entrate fiscali, dalle imposte alle accise, di cui da troppo tempo si parla.
Per fare tutto ciò c'è bisogno di un governo serio e indipendente, un governo in cui si devono mettere da parte le ambizioni e gli ordini da Roma e capire che l'unico interesse da perseguire è l'interesse della Sardegna senza se e senza ma.

mercoledì 13 luglio 2011

L'ennesima occasione … Persa!!!


Da marzo in poi i due Atenei Sardi, in seguito alla riforma Gelmini, hanno iniziato l'elaborazione e la riscrittura dei propri statuti. Per farlo hanno utilizzato metodi diversi, a Cagliari un sistema più chiuso, a Sassari un sistema più moderno avvalendosi anche degli strumenti offerti dal web.
Quello che non cambia, se non per alcune sfumature sulla governance, sono i principi di fondo e il risultato finale.
Nonostante i mesi precedenti i due Rettori abbiano, diverse volte, espresso l'esigenza di mettere in evidenza le differenze culturali, socio - economiche e territoriali della Sardegna nei confronti dell'Italia, uno inviando diverse lettere al Ministero, l'altro candidandosi anche alla carica di presidente della C.R.U.I., poco hanno fatto per mettere nero su bianco questi proclami.
Da più parti è emersa l'esigenza di costituire un sistema Universitario della Sardegna, integrando i due Atenei e il consorzio per la promozione degli studi universitari nel Centro Sardegna, ma andando a leggere gli statuti nessun passo verso questa direzione è stato fatto.
Almeno da questo punto di vista, l'obbligo della riscrittura degli statuti, l'occasione offerta dalla pessima riforma Gelmini, era ed è (la riscrittura terminerà in autunno) sicuramente ghiotta.
Ovvero l'occasione di costituire un sistema universitario della Sardegna, che attraverso l'integrazione dell'offerta formativa messa sul piatto dai diversi Atenei, riuscisse ad offrire corsi di laurea su tutti i campi della conoscenza, senza obbligare i giovani Sardi a dover emigrare per formarsi in determinati campi di studio, e ad aumentare la capacità di sfruttare al meglio le capacità e le conoscenze dei nostri giovani ricercatori e docenti.
 Emigrazione giovanile che non solo porterebbe a ridurre le possibilità di studio e professionalizzazione da parte di chi tanti soldi non ha (il reddito procapite continua a scendere), ma anche alla perdita di risorse importanti per il territorio (pensiamo a quanto spende in un anno uno studente fuori sede).
Per ora tutti e due gli atenei hanno pensato a difendere e continuare a coltivare il proprio orticello, senza pensare a progettare e mettere in atto qualcosa di più importante.
 In poche parole senza pensare all'interesse generale della comunità Sarda, migliorando la quantità e la qualità dell'offerta formativa e rendendo l'Università, quello che nel resto d'Europa e del mondo è, ovvero il volano della trasformazione in meglio del tessuto socio - economico e culturale della società tutta.
Altrettanto certa è l'incapacità di programmare e costruire qualcosa che vada oltre l'oggi, da parte dell'attuale classe politica Sarda, sia essa di centro destra, sia essa di centro sinistra, che poco ha fatto e tantomeno ha detto in questi ultimi 2 anni per difendere la nostra università dagli attacchi dell'ennesima riforma, concepita in Italia senza tenere conto delle esigenze della Nostra terra.
Nonostante ci siano gli strumenti (art.5 dello statuto RAS) e le risorse (pensiamo alla vertenza accise, o alla famosa vertenza entrate, art.9), si è persa l'ennesima occasione per trasformare la nostra società, in una società migliore, più giusta, al passo con il resto d'Europa e del mondo.

Cominciamo a progettare assieme il nostro futuro, adesso!